TRITTICO DELLA VITA E DELLA MORTE:
Tre elementi di cm 100x200x50. Ferro, specchio, materiali vegetali e plastici. 2010
     
Sono tre pannelli di eguali dimensioni con struttura “a lavagna”: su di un piedistallo di colore diverso per ciascuna struttura, è montata una struttura girevole che, come la lavagna, oggetto di memoria infantile, quindi primordiale come il soggetto del trittico, suggerisce l’esistenza di una faccia anteriore e di una faccia posteriore. In realtà i pannelli non sono ruotabili per motivi statici. La faccia anteriore rappresenta la vita, quella posteriore la morte. I tre pannelli sono tre diverse interpretazioni della vita e della morte.
     
La struttura con piedistallo rosso rappresenta la visione di chi cerca una soluzione metafisica al problema della vita e della morte. La vita è rappresentata come un gioco di quadrati perfetti disposti telescopicamente fino a formare un cono la cui parte più profonda e stretta rappresenta il “passaggio”, la morte. L'insistenza sulle forme geometriche richiama i tentativi di una spiegazione razionale del problema, ma la radice rosa che si fa avanti dal fondo del cono rappresenta l’intuizione (che come tale non emana dalla razionalità e infatti ha forme naturali): l’intuizione nella vita convive con la ricerca filosofica. Il gioco dei quadrati è rosso perché faticoso e lacerante è il lavoro intellettuale. La radice è rosa perché l’intuizione è coinvolgente, serena e rasserenante. La faccia posteriore è uno specchio: al centro si scopre che la radice era la radice di un giglio dai bei fiori bianchi che domina la scena. L’intuizione dunque era la radice di una esistenza diversa nella quale l’io non è frammentato (razionalità e intuizione, mente e corpo), ma è ricomposto in una unità superiore: infatti lo spettatore si specchia com’è, coi suoi pensieri, la sua intelligenza, la sua soggettività, il suo corpo. In un mondo di indicibile purezza e chiarezza (il giglio, fiore della purezza nella iconografia cristiana). E’ una interpretazione che scaturisce dalla tradizione cristiana.
     
     
     
     
     
     
     
La struttura con piedistallo verde rappresenta la visione di chi non ricerca una spiegazione metafisica della sua esistenza e della morte. La vita è vista come una gioiosa opportunità da cogliere; è il carpe diem di Orazio. L’uomo vi si specchia, insieme ai fiori, nella sua integrità di corpo e spirito, identificandosi in tutto nella vita stessa (così come nella precedente visione avveniva dopo la morte). La facciata posteriore è omogeneamente nera perché rispecchia il nulla: con la morte tutto si conclude.
     
     
     
     
La struttura col piedistallo viola rappresenta la visione pessimistica della vita e della morte. Tutto è male. La vita è nient’altro che un incubo che non vale la pena di vivere: elementi meccanici si mescolano con elementi vegetali. Tutti sono accomunati dallo stesso colore nero lucido del catrame che li ricopre indistintamente rendendone difficile la identificazione e negandone il significato vitale. La faccia posteriore, la morte, non è il nulla, ma continua a essere un incubo, come se non fosse possibile la pace neppure dopo la morte. Anche qui elementi vegetali negati nella loro essenza vitale, e un sole nero che irradia la sua assenza di luce.
     
     
     
     
     
     
     
     
     
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